L'escavazione del marmo con tecniche più evolute rispetto al semplice martello e scalpello utilizzato dai primi abitanti della zona, risale già all'epoca romana.
I cavatori dell'impero usavano inserire nelle naturali fenditure del marmo dei cunei di legno di fico che poi venivano bagnati con acqua: il dilatarsi del legno causava lo staccamento del blocco.
Questo principio, con alcune innovazioni, restò in uso fino al 1500, periodo in cui la polvere da sparo sostituì i cunei di legno.
L'utilizzo della polvere nerà però non apportò grandi vantaggi ai fini dell'escavazione; anzi si rivelò controproducente in quanto non consentiva di controllare la forma del blocco e talvolta le esplosioni erano talmente violente frantumare il blocco e renderlo senza valore.
Con l'avvento delle mine, la situazione cambiò; si poteva controllare meglio il taglio della pietra ed evitare di distruggerla.
Tuttavia la vera rivoluzione arrivò col filo elicoidale. Un filo di acciaio costituito dall'intreccio di 3 fili diversi che scorrendo sulla roccia trascinava con se sabbia silicie e acqua, riuscendo a penetrare il marmo con velocità e precisione e limitando la perdita di materiale.
Assieme al filo elicoidale, altre geniale innovazione, fu la puleggia penetrante: un disco d'acciaio con una scanalatura e alcuni denti diamantati sulla superficie che penetrando il marmo aveva il compito di portarsi dietro il filo elicoidale, aumentandone così l'efficacia.
Con l'utilizzo di questi nuovi sistemi divenne possibile tagliare dalla montagna enormi quantità di marmo (bancate) che venivano fatte cadere nel piazzale della cava e successivamente tagliate in blocchi adatti ad essere commercializzati.
Oggi si utilizza il filo diamantato, che consente una penetrazione ancora più rapida.
Presso il museo del marmo di Carrara, di cui abbiamo parlato in questo POST , è presente un'intera area dedicata all'archeologia e alla storia dell'escavazione.
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